I 28 consigli di Raymond Carver a un blogger


Raymond Carver

Raymond Carver è uno scrittore nato nell’Oregon il 1938. La sua vita non fu certo facile. Cresciuto in una famiglia povera, un matrimonio in giovanissima età e una lunga serie di lavori che per anni ha dovuto sopportare per sopravvivere.

Carver nutriva dubbi sulla possibilità di insegnare a scrivere. Non dubitava però sul fatto che si potesse imparare a scrivere. Lui stesso, figlio di un operaio di segheria, imparò a scrivere poesie che i critici definirono “un diario dello spirito”. Nel corso della sua carriera di scrittore imparò anche a scrivere sul suo rapporto con i figli, il suo turbolento matrimonio, i tanti lavori svolti per tirare avanti.

“Uno scrittore che ha una maniera particolare di guardare le cose e riesce a dare espressione artistica alla sua maniera di guardare le cose, è uno scrittore che durerà per un pezzo”.

Dalla lettura dei suoi saggi ho estrapolato 28 suggerimenti utili a un blogger.

1. Non barare!

I trucchi sono noiosi e tendono ad annoiare il lettore. Oltre a questo, condizionano l’attenzione. La scrittura estremamente elaborata e chic, fanno venire sonno. Gli scrittori non hanno bisogno di ricorrere ai trucchi. Troppo spesso lo “sperimentalismo” viene usato come una specie di licenza per scrivere in modo sciatto, sciocco e imitativo. Ma c’è un pericolo maggiore. Se le parole e i sentimenti sono disonesti, se l’autore scrive di cose che non gli stanno a cuore, che non conosce affatto o di cui non è convinto, allora non può aspettarsi che qualcuno mostri interesse per i suoi scritti.

2. Senza fretta

Carver racconta di come molti suoi colleghi spesso si sono dovuti sbrigare a scrivere un libro perché avevano bisogno di soldi. Si scusavano per il fatto che quel libro era scritto male. A loro Carver diceva: «Per l’amor del cielo, mettetevi a fare qualcos’altro. Devono esserci modi più facili e forse anche più onesti di guadagnarsi da vivere.»

3. Non sapere dove andare qualche volta è utile

Molti scrittori scrivono dei racconti senza sapere dove andare. Carver parla di Flannery O’Connor che quando si sedeva a scrivere un racconto, la maggior parte delle volte non aveva idea di come si sarebbe sviluppato. In “Brava gente di campagna” spiega che nel suo racconto non sapeva che ci sarebbe stata una laureata con una gamba di legno. Seppe che ci sarebbe stato anche un venditore di Bibbie che avrebbe rubato quella gamba di legno soltanto dodici righe prima che lo facesse.

4. Tensioni e minacce

Secondo Carver nei racconti deve esserci un senso di minaccia e tensione. Il lettore deve percepire che qualcosa sta per accadere e che certe cose messe in moto non si possono fermare. Il più delle volte senza una “sana” minaccia la storia non ci sarà.

5. Nel bel mezzo del flusso

Una volta durante la stesura di un racconto squillò il telefono. Carver rispose. All’altro capo del filo c’era la voce di un uomo di nome Nelson. Aveva sbagliato numero. Tornato al racconto si rese conto che stava inserendo un nuovo personaggio piuttosto sinistro con una voce particolare: Nelson.

6. Concentrarsi: la stanza in prestito

Henry Miller, autore di “Tropico del Cancro”, parla del suo cercare di scrivere in una stanza in prestito dove ogni minuto poteva capitargli di essere interrotta. Anche per Carver l’imminente rimozione della sedia è stato un problema costante che costringeva concentrazione e nessuna distrazione.

Immaginate un blogger che scrive un post da pubblicare entro un orario mentre i minuti della connessione sono contati.

7. Sintetico per necessità

I primi anni di paternità furono i più difficili per Carver. I suoi bambini condizionavano la sua attività di scrittore. Se voleva scrivere qualcosa e portarla a termine doveva dedicarsi alle poesie. Cose brevi. In quel momento per lui era impossibile scrivere un romanzo.

8. Fare anche altro

In attesa di vivere solo della sua scrittura, Carver fece molti lavori (da lui definiti di “merda”): in una stazione di servizio, il garzone in un magazzino, l’uomo delle pulizie, raccoglitore di tulipani, spazzino e moti altri. A quei tempi ciò che lo spronava a non mollare era l’unica ora al giorno che riusciva a ritagliarsi per scrivere.

9. Meno parole

John Gardener (suo maestro e poi amico) mostrò a Carver come scrivere ciò che voleva dire usando il minor numero di parole. Gli insegnò le contrazioni nella scrittura. Importante anche dove mettere virgole e punti.

Mi viene in mente Twitter. A voi?

10. Le parole giuste

Gardner mostrò a Carver anche l’importanza di scegliere la parola giusta. La parola “terra” e “suolo” ad esempio. Il termine terra indica qualcosa di sporco mentre suolo è una parola che ha altre ramificazioni.

11. Isolarsi

Quando si parla di lavorare dentro un garage, a molti vengono in mente personaggi come Steve Jobs e Steve Wozniak (Apple) oppure Larry Page e Sergey Brin (Google). Anche per Carver il garage era il luogo ideale dove lavorare. Si limitava a starsene seduto lì, da solo, grato di essere lontano dal fracasso che sempre regnava dentro casa.

12. Voglia di imparare

Nessun membro della famiglia di Carver era mai stato all’università. Nessuno era mai andato oltre la scuole dell’obbligo. Lo scrittore prima di farsi un’istruzione era consapevole di non sapere nulla. Aveva un forte desiderio di farsi una cultura e un altrettanto forte desiderio di scrivere. Questa voglia lo spronò a scrivere nonostante la dura realtà della sua vita.

13. Conoscersi di persona

Carver quando parla di Gardner: «Il fatto di seguire un corso tenuto da un vero scrittore mi emozionava.». Passava gran parte dei suoi sabati e delle domeniche nel suo ufficio dove teneva le “famose scatole” (quando Gardner non riusciva a farsi pubblicare un racconto lo riponeva dentro una scatola).

14. Il potere della revisione

Uno scrittore scopre quello che vuole veramente dire mediante un continuo processo su ciò che ha già scritto. Carver da Gardner imparò l’efficacia della revisione “senza fine”.

15. Il valore dell’esperienza

Durante i suoi corsi, Gardner ripeteva sempre: «Ho fatto diretta esperienza». Carver fu d’accordo con lui perché certi aspetti dell’arte dello scrivere possono essere insegnati ad altri solo sulla base della propria esperienza. Seguire un corso non garantisce nulla. Serve la pratica.

16. Cogliere l’attimo

Quando aveva 19 anni Carver lavorò come fattorino per una farmacia. Un giorno a casa di un cliente scoprì la rivista “Poetry”. Ci vollero 28 anni prima di convincersi a spedire le proprie poesie. Per sua fortuna quella rivista esisteva ancora. In quel momento la cosa di cui aveva maggior bisogno nella vita si presentò davanti per caso e con generosità. Ma quanto sarebbe cambiata la sua vita se avesse inviato prima le sue poesie?

Un blogger non deve aver paura di proporsi come guest.

17. Le metamorfosi dello scrittore

Carver non si considera un poeta nato. Molte delle sue poesie hanno una tendenza narrativa perché non aveva tempo per scrivere dei racconti (il suo vero amore). La sua è stata una metamorfosi necessaria.

18. Non avere paura di rivelare il proprio stato d’animo

Alcune poesie di Carver sembravano cadere in certe aree o sotto determinate ossessioni. Ad esempio nel 1972 pubblicò una poesia intitolata Cheers (Alla salute) mentre dieci anni dopo si ritrovò a scrivere Alcohol.

I blogger personali tutt’oggi riscuotono gradimento perché hanno il coraggio di condividere anche difetti e debolezze. Purtroppo questo genere di blogging sta lasciando spazio al “come fare”. Sarebbe bello tornare a leggere aspetti più vicini all’umana personalità dell’autore.

19. L’elemento autobiografico

Le poesie di Carver non sono vere nel senso letterale. Gli eventi narrativi non sono sempre realmente accaduti. Nonostante questo contenevano un elemento autobiografico, qualcosa di vagamente somigliante alla realtà. In un modo o nell’altro, i ricordi trovano sempre una forma di espressione.

20. Scrivere sotto l’effetto di un’emozione

Ogni poesia di Carver aveva a che fare con la vita vissuta in quel momento. Non incontriamo nessuna difficoltà quando scriviamo spinti dalle emozioni. Prosser venne scritta pensando a suo padre morto due anni prima. Mentre pensava a lui cominciava a ricordare alcune spedizioni di caccia che avevano fatto insieme. La compose in poco tempo, senza sforzo e senza revisioni. Uno dei motivi per cui questa poesia è la sua preferita.

21. Lontano dalla retorica

Carver non sopportava le poesie che per svilupparsi fanno ricorso alla retorica o a un linguaggio pseudopoetico e astratto. Tendeva sempre a tenersi lontano da questi elementi sia nella letteratura che nella vita. E’ importante non confondere il sentimento con il sentimentalismo affinché i particolari della poesia possano risaltare in maniera vivida ed esatta.

22. Il potere della punteggiatura

Quello che voleva fare Carver con i suoi racconti era mettere in fila le parole giuste, le immagini precise, ma anche la punteggiatura esatta e appropriata. Soltanto così il lettore, incapace di distogliere lo sguardo, veniva attratto e coinvolto all’interno del racconto.

23. Colmare il tempo

Carver più volte ha parlato degli anni trascorsi senza scrivere un racconto colmati con la scrittura di poesie. La prima cosa che mi viene in mente è il blogger che usa gli status di Facebook e Google+ o i 140 caratteri (ma anche meno) di Twitter per restare in contatto con i lettori in attesa di un’ispirazione per la stesura di un nuovo post del blog.

24. L’incubazione

Prima c’è qualcosa di intravisto. Poi quel qualcosa (con tempi differenti) viene dotato di vita e illumina l’attimo. In seguito lo scrittore deve solo raccontarlo.

25. Fare parte di una comunità senza ruoli

Scrivere è difficile e gli scrittori hanno bisogno di tutto l’aiuto e il sincero incoraggiamento che possono procurarsi. Carver ci ricorda che Ezra Pound è stato insegnante di scrittura per Hemingway e molti altri scrittori tra cui Yeats che in seguito divenne suo maestro (per ammissione di Pound).

26. La definizione di talento

Il talento di uno scrittore (e di ogni artista) prima ancora di scrivere è quello di vedere quello che tutti hanno visto ma in modo più chiaro, da ogni lato. La bravura di uno scrittore è raccontare bene una storia e di buone storie come sappiamo ce n’è un gran bisogno.

27. Minimalismo contro massimalismo

A quei tempi chi scriveva un racconto aveva grosse difficoltà a farsi pubblicare una prima raccolta. Gli editori sapevano che non c’era un pubblico pronto a riceverli. Oggi la situazione è molto diversa. Lo comprese perfettamente Carver verso la fine della sua carriera di scrittore. Ce rendiamo conto ai nostri giorni dove possiamo sostituirci agli editori pubblicando on-line a costi pari quasi a zero.

28. La “chiamata all’azione”

Carver il 15 maggio 1988 (poche settimane prima di morire) tenne il suo ultimo discorso. In quell’occasione gli fu conferita una laurea ad honorem in Lettere. Carver non era credente ma durante la cerimonia ricordò una frase di Santa Teresa che disse: «Le parole conducono ai fatti…preparano l’anima, la rendono pronta e la commuovono fino alla tenerezza».

Dopo molto tempo (o anche prima) quello che leggiamo ci passerà di mente mentre la sensazione che rimarrà sarà l’unica cosa che ci porterà a compiere un’azione.

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